Fedeli al motto a dire il vero ormai alquanto usurato: “se non puoi uscire dal tunnel, arredalo” le madame, le sciure anche tutto l’esercito di over-qualcosa si è mosso nei giorni scorsi con mezza Italia alla volta di Milano e al suo ormai im-per-di-bi-le Salone del Mobile o MDW che dir si voglia.
Per le non-milanesi o per quelle che non possono contare su un posto tappa in loco il primo scoglio è quello dell’abbigliamento, con il solito dilemma: scarpe fighe o scarpe comode? Perché a differenza della Fashion Week dove, avendo il pass si può stare sedute per qualche quarto d’ora alle sfilate, il Salone del Mobile e soprattutto il Fuorisalone sono il trionfo del fitwalking urbano fighetto.
E non sia mai che perdiamo l’allure da architette in incognito così faticosamente studiata davanti allo specchio andandoci a stravaccare sul primo divano che incontriamo!
In treno ci si era preparate sulle “parole chiave” (o “topics”, per chi vuole strafare). Quelle dell’edizione 2018 sono state: sostenibilità, efficienza, ambiente, città del futuro, materiali, riciclo, classici rieditati.
E l’onnipresente SMART, intesa come definizione per tutto quello che non si riesce a definire in modo più pertinente: se non lo capisco ma c’è pubblico è una cosa smart.
Le fashion addicted sapevano perfettamente che D&G hanno disegnato frigoriferi e tostapane e che quest’anno c’è stato il debutto della Home collection di Badgley Mischka (chi? Andateveli a cercare su Google)
Nella statistica Instagram delle over anta il premio va comunque a Antonio Marras. Il suo spazio Nonostante Marras è stato fotografato in lungo e in largo. Ho visto almeno venticinque foto del soffitto: come se ci fossi stata.
L’installazione IKEA si sapeva che c’era ma le signore, che conoscono a memoria tutto il catalogo, non hanno ritenuto opportuno visitarla: sarebbe stato un dejà vu.
Credo che nessuna abbia preso in considerazione l’avveniristica casa da 9 metri quadri: una dimensione talmente ridotta da non consentire nemmeno l’installazione di una scarpiera decente.
Le aree d’azione sono state le solite. La Bovisa resterà ancora per un po’sconosciuta alle non più giovanissime. Brera va sempre bene perchè di già che si era lì si è data un’occhiata alle vetrine delle scarpe, la Triennale è un classico del design, zona Tortona e il Superstudio non potevano mancare. E all’improvviso si era fatta “una certa” ed era ora di rientrare.
Come sempre, una bella gita con alcuni “topics” da ricordare perché potrebbero tornarci utili:
- l’armadio per nascondere l’amante, dotato di tutti i comfort (l’armadio, non l’amante)
- la collezione di bare personalizzabili per “cambiare l’estetica a questa occasione” (cit.). Per le patite dell’esclusività fino alla fine.
- e soprattutto la conferma che il classico non passa mai di moda (Achille Castiglioni insegna).
Una consapevolezza che ci dà un senso di conforto, anche se non siamo degli sgabelli o delle lampade
Tutto il resto è SMART!
Immagine: la bacheca (IKEA) dell’architetta abusiva
Una noia mortale, tutti i tg intasati e nesssuno parla di Euroflora. Esattamente come a Verona per Vinitaly, saputo che esiste i vini li vado a cercare senza Salvini DiMaio e Co. Ormai le notizie sono ripetitive, stufa
Da quando la moda segna il passo i milanesi si sono sctenati sul design, e cannibalizzano tutto…