Ogni anno pensiamo di aver già visto tutto, di avere abbastanza esperienza di mondo per superare i momenti confusi e caotici, siamo convinte che festeggiare il Natale sia meno complicato una volta che è passato il momento in cui i figli hanno scoperto che i regali li portavamo noi–anche fisicamente, salendo nottetempo dalla cantina dove li avevamo nascosti – bene, questo è il momento di ricrederci.
La decorazione dell’albero è risultata sghemba perché non abbiamo più trovato la fila di lucine fighissime e costosissime con accensione ritmica e sincopata comprate lo scorso anno e riposte gelosamente il 6 gennaio, ma quando abbiamo smesso di cercarle e ci siamo rassegnate a ricomprarle naturalmente erano rimaste solo quelle multicolori che fanno tanto festa di paese e stanno malissimo con il resto delle decorazioni in stile anglosassone.
Dopo un Dicembre scandito da cene, aperitivi, panettoni e cenoni avremmo soltanto voglia di vivere a crackers di riso per un mese ma si pone il problema degli avanzi. E non per colpa nostra, ma del solito parente che, pensando di fare cosa gradita, si è presentato con l’antipasto o il dolce “in più” che non era previsto, non avevamo richiesto e si va ad aggiungere – rovinandolo – a un menu studiato al millimetro perché fosse omogeneo e soprattutto nelle giuste quantità per non fare troppe rimanenze. E non nascondiamoci dietro alle “cene degli avanzi” perché normalmente c’è sempre qualcuno che, ritenendo non siano sufficienti, porta una teglia di pasta al forno che poi entra e esce dal frigo ininterrottamente fino al 29 quando, per pietà, la buttiamo nell’ indifferenziata.
Natale poi è il periodo dell’ anno in cui si ha l’esatta percezione di quanto tutto sia relativo. E non in senso filosofico, della serie “ci facciamo sempre tanti problemi ma le cose importanti sono altre”. Proprio in senso materiale. Provate a esprimere il desiderio di ricevere in dono che so, una collana e vedrete quanto quella che uscirà dal pacchetto si discosti per forma, colore, materiali, dimensioni ecc..da quella che avevate in mente voi. Tante teste, tante idee certo. Ma mai che per un caso fortuito quella ricevuta sia più bella o più preziosa di quella sognata, mai.
E pensare che non troppi Natali fa l’unica preoccupazione era trovare il video game o la Barbie o l’ultimo Geronimo Stilton o il dvd del Re Leone prima che andassero esauriti, comprare di nascosto la carta regalo e fare i pacchi la sera tardi per sviare anche il minimo sospetto, fare in modo che l’albero si accendesse di tante lucine non importa di quale colore, togliere i canditi uno a uno dalle fette di panettone, addormentarsi sul divano in attesa di poter far uscire in silenzio i regali dai nascondigli dimenticandone in cantina qualcuno nascosto troppo accuratamente, che poteva però tornare utile per la calza della Befana.
Quando il 26 dicembre, ripiegate le carte con Paperino e Minni sulla slitta e raccolti i fiocchi preconfezionati rossi blu verdi oro e argento con l’adesivo dietro (a proposito, si usano ancora?) si stipava tutto in macchina, intorno al seggiolino regolamentare. Regali, zaini con i libri per i compiti delle vacanze, avanzi di cannelloni e cotechini nella borsa frigo, panettoni e pandori nelle buste di plastica e si partiva verso quei paesaggi innevati che lo smog non ci aveva ancora cancellato dalle tradizioni natalizie, cantando a squarciagola tutto il repertorio di Cesare Cremonini o degli 883.
E poi dicono che lo spirito natalizio non esiste. Certo che esiste, solo che dobbiamo giraci indietro per vederlo. Tra lo smog.