ASSEMBRAMENTO. La prima cosa da evitare. Sembra facile, ma per quanto solitari e scontrosi possiamo essere ci siamo resi conto che gli assembramenti sono parte integrante delle nostre vite. Ci assembriamo su un mezzo pubblico per andare al lavoro, ma anche su un aereo per andare in vacanza, ci riuniamo per un concerto di Ligabue ma anche per manifestare in piazza con le Madamine, ci affianchiamo per mangiare nel piccolo ristorante gourmet ma anche in coda per un cartoccio di cibo da strada. Le cose necessarie e piacevoli della vita si fanno in regime di assembramento. Ma dobbiamo – dovremo – imparare a eliminarne un bel po’ dalle nostre giornate, restando umani.
AUTOCERTIFICAZIONE. Mai più senza: averne sempre una in borsa è un must, possibilmente nell’ ultima versione scaricabile (ormai la quarta!), insieme al gel igienizzante.
BALCONI. Luogo in cui esibire talenti canori, sventolare patriottismo, applaudire chi non si risparmia, appendere arcobaleni di ottimismo e esporre chiappe alla ricerca di un po’ di abbronzatura. Se la pandemia fosse capitata a Novembre i balconi non ce li saremmo filati per niente. D’ora in avanti una casa con balcone avrà più valore di una con il posto auto, gli agenti immobiliari sono avvisati.
CONGIUNTI. Si sono scomodati i codici per identificare fino a quale grado arrivare, si è pensato di definirli sulla base delle reali frequentazioni degli ultimi dodici mesi, si sono rispolverate le prozie pur di uscire di casa, i migliori amici ci sono rimasti male, i fidanzati si sono sentiti dare dell’ ”affetto instabile” nonostante ormai ci siano sessantenni che si definiscono “fidanzati” dopo vent’anni di frequentazione. Le coppie di fatto si sono sentite discriminate mentre chi il congiunto lo ha avuto in casa ininterrottamente dal 10 Marzo voleva chiedere la separazione. Tutto un casino che non finiva più anche se poi uno i parenti dopo il secondo grado li regge al massimo per la cena di Natale e quelli conviventi dopo due mesi li regalerebbe volentieri al primo che passa.
DELIVERY. Is the new “stasera mangiamo fuori”. Ma non è la stessa cosa
DISTANZIAMENTO. Fino a qualche giorno fa era “sociale” adesso si preferisce definirlo “sanitario” o “fisico”. Di entità variabile e, come i congiunti e le mascherine, di libera interpretazione: 2 metri per chi corre, 1 metro in coda alla cassa del supermercato, circa un sedile si e due no per chi sale sul bus.
ESPERTO. Sostantivo che ha soppiantato, per frequenza di utilizzo, il già inflazionato “influencer” dei tempi felici. Si è perso il conto degli infettivologi, virologi, epidemiologi – di differenti livelli di simpatia e affidabilità – transitati su tutti i canali di comunicazione. Più esperti riuniti tra loro formano una task force. Più task force sul territorio nazionale fanno casino.
FASE. La 1 era facile: una sola cosa da fare. La 2 sembra stia andando benino: più complessa ma finora gestibile, poi si vedrà, incrociamo le dita. Nella 3 il vero scoglio sarà capire come pensano di sistemare gli ombrelloni sulle spiagge.
FIGLI. Si sono dimostrati più responsabili di tanti anziani (soprattutto degli irriducibili della passeggiata). Quelli piccoli si sono adattati come solo loro sanno fare. Gli adolescenti hanno dovuto trasferire tutta la loro vita sugli schermi, dalla scuola on line agli amici su Instagram. Quelli più grandi, fuori casa, ci hanno monitorato costantemente in quanto categoria a rischio: si sono informati se eravamo riusciti a trovare le mascherine e ci hanno contato le volte in cui siamo usciti per la spesa. Sempre troppe, secondo loro che sono abituati a ordinare tutto con le app, mica a uscire con il carrettino per portare l’acqua minerale.
GREGGE. Immunità di- . Teoria accolta con diverso approccio da Boris Johnson e Checco Zalone. Quello di Zalone a occhio mi sembra più azzeccato.
HOME WORKING. Comodo è comodo e di sicuro evita il contagio, ma vuoi mettere i pettegolezzi alla macchinetta del caffè? Quelli sì che ci mancano!
IMMUNI. L’unica cosa che non è chiara è quali siano le informazioni che ancora non abbiamo già sparso a piene mani in rete e perché non dovremmo darle anche a questa app che potrebbe (condizionale per ora d’obbligo) persino esserci utile. Si attende un tutorial per farla capire bene con le figure a noi non-nativi-digitali, che siamo la maggioranza e anche i più a rischio.
JOGGING. Uscire con le sneakers, i leggings ma con la borsa a tracolla non è fare jogging, mettetevelo in testa. Il premio “jogger della quarantena” va senza ombra di dubbio a quel signore che ho visto ogni giorno fare centinaia di giri dell’isolato davanti a casa mia e che ha messo su veramente un bel fisico. Se ci sarà mai un’estate al mare farà la sua porca figura.
LIEVITO. Finita la corsa allo sfilatino fatto in casa da esibire su Instagram i supermercati faticheranno a smaltire le scorte, fidatevi.
MASCHERINE. Non ci sono, arrivano, sono arrivate, no non è vero. Modello 1, modello 2, modello 3 (come le buste di Mike Bongiorno). Costano 5 euro, 2 euro, 0,50 euro. Servono, non servono, servono a chi le porta ma non proteggono gli altri. Ma se io proteggo me e tu proteggi te allora siamo protetti in due e vale? La si porta sopra il naso, sotto il naso, sotto il mento, sulla fronte, appesa soltanto a un orecchio. In quanto a libera interpretazione sono persino un livello sopra i congiunti.
NETFLIX. Comoda alternativa alla lettura per avere argomenti di conversazione.
ORA LEGALE. Ci siamo accorti che nel frattempo è tornata perché salendo finalmente in macchina dopo due mesi abbiamo pensato per un attimo di essere in anticipo di un’ora.
PULIZIA. Ci siamo impegnate seriamente nell’operazione pulizia come se non ci fosse un domani e per qualche istante forse abbiamo pensato che, se un domani non si sarebbe potuto essere, almeno la casa sarebbe stata in ordine: la casalinga che è in noi resiste anche alla pandemia. Mai pulizie di Pasqua sono state più meticolose, mai l’uso di alcool e Amuchina è stato più massiccio. Ci siamo trasformate in epigoni dei RIS di Parma per igienizzare ogni anfratto e stanare ogni più piccola traccia di POLVERE, quella cosa che appena l’hai tolta, si rideposita sui mobili nello stesso punto e di cui non ci eravamo mai accorte prima di essere obbligate a restare in casa h24.
QUARANTENA. Per i più smart “lockdown”. Periodo variamente interpretato dai più con buona volontà e eluso da alcuni con varie giustificazioni più o meno credibili.
RICRESCITA. In assoluto il primo in classifica tra i problemi meno gravi di questo periodo.
SPESA. Ha sostituito l’aperitivo come momento di socialità, ma con minor gradazione alcolica. Comunque conosco gente che in coda all’ Esselunga ha fatto nuove amicizie.
TESTARE, TRACCIARE, TRATTARE. Chissà se ce la faremo mai? No, non ce la faremo mai, siamo italiani, mica coreani. Smentitemi, vi prego!
UN CAFFÈ AL BAR. La cosa di cui tutti, nessuno escluso, abbiamo sentito la mancanza. E non solo per il caffè, proprio per il bar, per il barista e per l’assembramento (!!!) davanti al bancone.
VIRUS. E pensare che fino a quattro mesi fa a chi ci chiedeva se avevamo il raffreddore rispondevamo “Si, devo essermi preso un virus” senza sapere che cosa realmente significasse.
WHATSAPP. Un altro luogo della socialità da quarantena, insieme alla coda al supermercato e alle riunioni su Zoom. Una delle tante app a cui affidiamo senza nessun ritegno tutta una serie di pensieri, immagini, notizie, idee, localizzazioni, dati sensibili, compleanni, idee religiose e (purtroppo) politiche, stato di salute e minchiate alla rinfusa. Con tanti saluti alla privacy.
YOGA. E poi pilates, cardiofitness, affondi davanti a qualsiasi Video su You Tube o diretta Instagram. Siamo tutte tornate agli anni ’80 (per quelle che ci erano già state), ai workout di Jane Fonda e Cindy Crawford in videocassetta. Senza le tutine di lycra e gli scaldamuscoli, ma con pesetti, elastici e tappetini per salvaguardare l’equilibrio psicofisico e contrastare lo svacco da divano.
ZOOM. Mi senti? Mi vedi? Schiaccia sul microfono in basso! Non vi vedooooo! Aspetta che ti devo accettare al meeting. Dai che abbiamo ancora un min…….
(16.continua)