Congiungiamoci responsabilmente

Nel weekend il maggior tema di discussione è stato il presunto divieto di uscire per i sessantenni sul quale si sono cimentati tutti i maitre à penser nazionali, ognuno secondo la sua natura: chi in modo simpatico come Fiorello, chi in versione apocalittica come Cacciari. Di questi tempi, con i cinema e i teatri chiusi sappiamo divertirci con poco e qualunque scusa è buona per dimenticare che la curva…già, la curva.

Il Lunedì ci ha trovati pronti e trepidanti in attesa delle istruzioni per l’uso della fase due. Ore 20,15 tutti pronti davanti alla TV: ormai ci siamo abituati con Borrelli, Arcuri e C. perciò ci viene facile mollare quel poco che stiamo facendo per sintonizzarci a reti unificate.

I più temevano il solito slittamento di orario e invece si è potuta apprezzare una certa puntualità. Cominciamo bene, ci siamo detti, vuoi vedere che stiamo diventando un po’ tedeschi? Magari ci dicono che abbiamo lo raggiunto lo stesso numero di posti in terapia intensiva. Non sarebbe una cattiva notizia…

Molti, ormai abituati a gestire l’“on demand” hanno tentato di mandare avanti veloce tutto il preambolo del Presidente pigiando i tasti del telecomando, ma non c’è stato niente da fare e ci siamo beccati la retorica già sentita nelle precedenti puntate. Eravamo ormai sull’orlo dello scoramento e su quello del divano ormai liso dal troppo utilizzo quando si è giunti al punto per cui eravamo lì: chi-fa-cosa, come e soprattutto quando.

Il risultato è stato che praticamente tutte le categorie, dai vescovi ai baristi passando attraverso i giocatori di serie A e le povere madri dimenticate insieme ai loro pargoli a carico, sono rimasti delusi e scontenti.

Unici soddisfatti i corridori dei parchi, che hanno avuto la loro bella rivincita dopo essere stati trattati da untori per tutto il mese di Marzo: potranno tornare a sgambettare oltre i duecento metri da casa. La nazione che ha dato i natali a Pietro Mennea si è dimostrata all’altezza della situazione: non si capisce se la gente può uscire ma di sicuro può correre. Ancora la vecchia storia delle brioches.

Certo, le cose spiacevoli non c’è mai un bel modo per dirle e “fare il Presidente del Consiglio italiano in tempo di pandemia è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo” perciò via il dente, via il dolore. Tanto la colpa è degli scienziati, no? Altrimenti che cosa ce li abbiamo messi lì a fare, oltre alle ospitate nei talk show? Poi ci si domanda perché fuggano i cervelli

Le categorie scontente non hanno tardato a esprimere i loro malumori, a cominciare dai vescovi che hanno dimostrato di essere sul pezzo e in tempo zero hanno mandato un siluro con i colori del Vaticano. Balbettamenti di Governo, smentite di uffici stampa, ritrattazioni… le messe (forse) son tornate, per i parrucchieri invece c’è ancora un mese da aspettare.

Poi si è arrivati ai congiunti.

Dal 4 Maggio saranno consentiti “spostamenti mirati a far vista ai congiunti”, ha detto il Premier. E come d’incanto l’opinione pubblica ha mollato alle associazioni di categoria tutte le questioni serie legate alla ripartenza economica del Paese – quisquilie come il commercio, il turismo e la ristorazione – e si è interrogata in ogni sede, da FaceBook a Ottoemmezzo sull’interpretazione della congiuntitudine e sulle modalità di autocertificazione della stessa. Si attende una puntata di Report sul traffico illecito di congiunti non a norma EU.

Molti fanno notare che non è lo Stato a doverci dire chi chi possiamo incontrare, ma la verità è che da veri campioni dello scaricabarile (tale premier…), noi semplici umani preferiremmo che l’autorità costituita ci dicesse chi siamo autorizzati a non incontrare, giusto per declinare ogni responsabilità in caso di discussioni in famiglia o eventuali contenziosi futuri.

Perché dovendo scegliere chi far rientrare tra le persone con cui abbiamo una “stabile relazione affettiva”, ci toccherà autodichiarare che non siamo affatto affezionate a nostra cognata nonostante i sorrisi alle cene di Natale, dovremo confessare che in fondo senza vedere un fidanzato/a per due mesi non siamo stati poi così male, che preferiamo la vecchia prozia arguta alla cugina petulante, che è meglio l’amica/o di sempre che la sorella o il fratello con cui si litiga ogni volta che ci si incontra.

Qualche giovane sarà costretto a un coming out forzato davanti a genitori che lo pensavano impegnato in una felice relazione etero, le madri di minorenni si piazzeranno davanti al portone per accertarsi che il “congiungimento” non sia preso troppo alla lettera, per non parlare di quelle relazioni extraconiugali più longeve delle unioni ufficiali o di quei bei rapporti amichevoli con gli ex che si collocano nel limbo del non-proprio-congiunti.

C’è di che mettere in crisi un intero sistema relazionale, che notoriamente si basa anche su quel po’ di innocua ipocrisia che consente il quieto vivere. Un ginepraio da cui non si esce per decreto e autocertificazione, insomma.

Son finiti i tempi in cui la sola cosa da capire era STATE-A-CASA, e ognuno svolgeva il tema come meglio credeva.

Qualunque cosa significhi “fase due”, questa storia dei congiunti ci ha messi davanti alla realtà: è più facile restare inerti sul divano a lamentarsi di non poter uscire per una birretta che dover cominciare a decidere da persone responsabili. Però è meglio cominciare a farlo, se no non se ne esce.

Immagine presa dal web

(14.continua)

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