Salgono alle 17,30 alla stazione di Rho Fiera Milano Expo2015 sul treno per Torino. Non il Frecciarossa, il regionale veloce, strapieno di tutti quanti hanno scelto questo sabato di fine settembre di sole per farsi un giro e un po’ di code all’Expo.
Davanti e di fianco a me due posti vuoti, l’altro è occupato da una immensa signora nera, di pelle e vestiti, con bagagli ingombranti e sparsi.
Ci pensano un po’ ma c’è poco da scegliere. La signora ingombrante sistema meglio i bagagli ingombranti e si siedono, la più decisa delle due naturalmente rivolta verso il senso di marcia del treno, l’altra di conseguenza.
Ma chi ha il viso rivolto verso Torino ha anche il sole negli occhi e quindi si rende opportuna la sistemazione della apposita tendina.
Finalmente sistemate, le guardo meglio. Sui sessanta-sessantacinque, jeans e maglioncino con scarpe chiuse una, pantalone con fantasia discreta e t-shirt maniche lunghe con sandali tacco basso l’altra. Due amiche, ex colleghe scoprirò all’altezza di Chivasso, che ritornano dalla gita a Expo.
“Hai fatto bene a mettere i sandali, io ho i piedi cotti”
“Mah, io con il caldo preferisco. Poi sono comodi per camminare”
“E oggi abbiamo camminato un bel po’. Ma a te è piaciuto?”e, senza dare tempo all’altra di rispondere, quella delle scarpe inadatte dice che non lo rifarebbe: troppe code, troppa confusione. “Mica come quella volta che siamo andate in Francia. Quella volta lì è stato anche lungo ma proprio bello, oggi non so…” La portatrice di sandali è più entusiasta “Però i padiglioni erano belli. Mi è piaciuto quello della Cina. E anche quello con le piante appese (Francia?)” “ Belli anche quelli dell’ Italia e della Thailandia” “La Spagna….ma la Spagna l’abbiamo vista?” “No, avevamo già fatto troppa coda per le patatine”.
Mentre inizio a chiedermi con quale criterio si sia svolta la loro visita attraverso i padiglioni parte un dibattito sul loro personale concetto di “Nutrire il pianeta”. La predilezione per il polpettone al sugo rispetto all’ arrosto (“I miei me lo dicono sempre che ho gusti terroni”) e la necessità di usare la treccia o la provola per le melanzane alla parmigiana perché la mozzarella “fa troppa acqua”. Ricette e consigli elargiti con le consonanti aspirate del dialetto calabrese sono la naturale conseguenza. La signora nera ed io ascoltiamo affascinate.
A Vercelli decidono di chiamare casa per ricordare l’orario di arrivo. Il povero marito Piero, svegliato a metà di un sonnellino davanti alla tivù azzarda timidamente il suggerimento di prendere un mezzo pubblico per arrivare fino a casa. Non se ne parla nemmeno. L’imperativo è categorico: “Vieni in macchina in corso Stati Uniti ché in via Sacchi non si parcheggia. Così portiamo a casa Anna” Anna, la “sandalata”, si schermisce: a lei va bene anche l’autobus, ma l’altra non molla “Non ti preoccupare, va bene così. E solo rintronato perché l’ho svegliato”.
Fino a Santhià l’argomento è il sonno duro di Piero che quando si addormenta non sente il cellulare e la notte russa costringendola a dormire sul divano. A Chivasso viene ricordata una collega di quelle parti che aveva una relazione clandestina in ufficio, anche se il marito “era un bell’uomo pure lui”. Ci tengono a spiegare che hanno lavorato trentacinque anni alle Ferrovie dello Stato e poi sono andate in pensione e possono anche viaggiare gratis “però sul regionale, il treno dei poveri, mica sul Frecciarossa”. La signora ingombrante e straniera si stupisce delle usanze italiane.
Attraversando Settimo Torinese l’argomento è diventato la villetta a schiera “Bella, sai, con giardino e la tavernetta. Proprio in questa zona. Costava 180…..” e la cifra è un po’ vaga perché non si ricorda più se erano ancora milioni di lire oppure erano già mila euri , ma “tanto non l’ho poi comprata perché è stato l’anno dell’incidente. Sono andata una volta a trovare Olga, che invece l’ha presa. Ha una lavanderia proprio bella grande..” L’arrivo in stazione preclude ogni possibilità di sapere quale è stato l’incidente. Peccato: una decina di minuti in più sarebbe bastata per scoprirlo, con tutti i particolari.
Le vite origliate sui treni sono sempre meglio di qualunque libro.
Mi resta però un dubbio: Piero si sarà presentato in corso Stati Uniti con l’auto o si sarà riaddormentato davanti alla tivù? Spero di si, per il suo bene.