Una cucina IKEA è l’unità di misura del romanticismo. Si vabbè, dai. Una roba da spot.
Mica vero, perchè lì la cucina è già montata, questa invece….
E’ stato bello decidere insieme come farla, usando l’apposito programma scaricato dal sito, un po’ meno divertente passare un intero sabato pomeriggio in attesa che venisse il vostro turno, ma vuoi mettere la soddisfazione quando avete detto al commesso incredulo – e anche un po’ ammirato per tanto coraggio – “ce la montiamo noi”?
E’ stato bello vederla arrivare – il trasporto lo avete fatto includere, perché il palazzo non ha l’ascensore e il frigorifero non è proprio facile da portare su per quattro piani – con tutti quei cartoni piatti che si accumulavano sullo zerbino, piccoli pezzi di una nuova vita.
Poi, in quella grande stanza ancora vuota è come se fosse esplosa una bomba: cartoni squarciati, tasselli sparsi, pannelli e ripiani, qui la cappa, là il forno, cassetti , maniglie, zoccolini, lavastoviglie, libretti di istruzioni in dieci lingue con nomi svedesi assurdi, placche e placchette di plastica senza alcuna apparente utilità, cacciaviti di ogni forma e dimensione, tenaglie, pinze. In ogni presa un trapano, un avvitatore, un cellulare in carica. Due squadrette abbandonate sul pavimento, cartoni di pizza e lattine di birra. Un tagliere con un salamino.
Amici e fratelli esperti che vengono a dare una mano, un consiglio. Grandi consulti sul pannello della lavastoviglie che è evidentemente troppo grande, corsa dal ferramenta a farselo segare poi qualcuno in tutto questo casino trova il foglio delle istruzioni e si scopre che il pannello non deve andare davanti ma di lato e quello giusto è un’altro. Tutto da rifare, e menomale che siete arrivati in tempo e il ferramenta non ha tagliato. Ok, però adesso basta, tutti fuori per una birra. Si ricomincia domani, dopo il lavoro.
Poi i pezzi non utilizzati da riportare indietro perchè così vi rimborsano con un buono acquisto, da spendere ovviamente subito in stoviglie e asciugamani
– dici che il modulo in più che abbiamo preso ce lo riprendono?
– no perchè ormai è montato e lo abbiamo pure tagliato dietro
– boh, caricalo in macchina ché sentiamo cosa dicono, magari lo rottamano e ci danno cinque euro, che buttali via…
E la cucina prende forma, siete persino riusciti a mettere il miscelatore sulla metà esatta dell’acquaio e – anche se il primo cassetto non chiude proprio benissimo – il pannello laterale del frigo è sistemato che è una bellezza e i pensili sono perfettamente allineati.
E poi le cassette degli attrezzi imprestati sono state restituite ai proprietari, la stanza a fianco si è magicamente svuotata del casino da montaggio, pronta ad accogliere il casino degli amici invitati alla prima cena che preparerete nella vostra nuova cucina.
Vista dagli occhi di una mamma che ogni tanto passava di lì, una bella prova che nessuno, con solo qualche anno in più dei vostri venti e pochi, avrebbe saputo superare, c’è da scommetterci.
E immagino i miei coetanei: nervosismo a mille, occhialetti sul naso, mobili montati a metà in un’atmosfera di insofferenza e accuse reciproche di incapacità e rincoglionimento. Vaffanculo finale sottolineato dal lancio del cacciavite e abbandono del campo con aria risentita e rancorosa, non certo un bello spettacolo.
E’ per questo che da una certa età in poi si decide che l’intervento di un professionista – montatore di cucine, consulente matrimoniale, avvocato divorzista – vale molto di più del suo costo in euro. Ma per voi non è ancora il momento.
Beata gioventù.