L’ultima settimana è stata un susseguirsi di feste di fine anno con abiti lunghi, pochette prese a prestito dall’armadio di mamma, rossetti scarlatti su facce paffute, cravatte improbabili e scarpe che fanno male a chi è abituato alle sneakers h24. I piccolini delle elementari sono usciti in fila indiana tenendosi per mano e insieme alla maestra hanno raggiunto i giardinetti più vicini per un pic nic con le merendine e i succhi di frutta nel tetrapack.
La giornata di venerdì l’hanno trascorsa a rincorrersi per il centro, con gli zaini ballonzolanti sulle spalle e gli shorts, a fare i bagni nelle fontane. Sono dilagati nelle vie incuranti dei semafori mettendo a dura prova i riflessi degli automobilisti come nemmeno i cinghiali scesi dalla collina a primavera.
Qualche coppia si baciava, in un angolo defilato o in un portone. Forse erano riusciti a mettersi insieme da poco e dovevano recuperare un anno scolastico passato soltanto a guardarsi senza mai decidersi. Meglio darsi da fare allora, prima del dissolversi estivo di ogni certezza amorosa che tutti ricordiamo, e che esiste ancora.
Il sabato è stato dedicato agli acquisti: di un copricostume, di bermuda decenti per buttare finalmente quelli sformati dall’uso o di un paio di sandali promessi per la promozione. In compagnia di mammà e della sua carta di credito, peregrinando in ogni Zara, OVS, negozio di tendenza o centro commerciale a portata di mano.
La domenica, boh. Come sempre. Sveglia tardi un po’ arruffati e mille cose ancora da dirsi sui social, le foto di tutti da vedere e rivedere, i video che diventano virali. Stravaccamento domenicale d’ordinanza sul divano per un film o il motoGP. Poi, magari più tardi, un altro giretto in centro, un gelato. La noia che comincia. Ma è domenica e nessuno ci fa ancora caso.
Oggi però è lunedì.
Tecnicamente il primo, vero, ineludibile giorno di vacanza.
Quel giorno dell’anno in cui, appena suona la sveglia ogni mamma italiana con un figlio di età compresa tra i 6 e i 18 anni, esclusi gli esaminandi della terza media, sa che ha un problema in più da risolvere. Una condizione che dura fino alla maturità (scolastica), quando sarà semplicemente sostituita dall’ansia da esame.
Le madri casalinghe vedono sovvertire la scaletta quotidiana dei lavori domestici calcolata al decimo di secondo che funziona a meraviglia da settembre a giugno perché il figlio vacanziero emerge dalla stanza chiedendo la colazione quando, secondo le tabelle di marcia, tutti i letti dovrebbero essere già stati rifatti ed è ormai ora di buttare la pasta.
Le madri lavoratrici, che entrano in modalità “office” alle 8,30 per uscirne alle 19,00 (con pause per controllare Facebook) e mangiano al bar vicino all’ufficio si ritrovano a dover prevedere il frigo pieno anche all’ora di pranzo. Quando non vengono addirittura colte da sensi di colpa per cui si sentono in dovere di pranzare insieme a quello che, in fin dei conti, è pur sempre un figlio e si merita qualcosa in più che la pizza del panettiere riscaldata.
Sono iniziate le vacanze, signore mie: una fonte di stress che spinge compulsivamente le madri a usufruire di campi estivi, di corsi di lingue all’estero o a fare uso indiscriminato di nonni e baby sitter. Tutti palliativi più o meno complicati, più o meno costosi, più o meno fonti di altro stress.
Fino al momento delle vere vacanze: in media venti giorni al mare, in montagna o in viaggio. Affogati in due mesi e mezzo di horror vacui.