Facile ragionarci su adesso, che fingiamo di aver capito tutto, che ci vantiamo di essere diventate sagge anche se non vogliamo ammettere che questo significa essere diventate vecchie.
Dopo che abbiamo elaborato tutto quello che c’era da elaborare, parlandone fino alla nausea con chiunque, dall’avvocato al verduriere del banco al mercato da cui prima compravamo un chilo di tutto e poi soltanto porzioni da single e verdure adatte ai bambini (per anni non abbiamo mangiato carciofi perché comprarli soltanto per noi ci sembrava uno spreco!).
Dopo che abbiamo capito che serbare rancori non porta da nessuna parte e fa male al fegato e allora meglio una famiglia allargata, che è poi anche l’unica parvenza di “comune” che la generazione di “figli dei fiori” è riuscita a produrre con un certo successo, piuttosto che gruppi antagonisti destinati all’ulcera gastrica e alla solitudine causa definitivo abbandono degli amici, stufi delle solite recriminazioni.
Dopo che abbiamo cresciuto con risultati al di là di ogni aspettativa figli che sono psicologicamente più solidi di noi, malgrado le valigette del venerdì sera che, anche se erano fucsia e con i disegni di Hello Kitty o azzurro grande puffo, erano sempre un po’ tristi.
Dopo che abbiamo imparato almeno a conoscere – anche se spesso ancora non a praticare – la ragionevolezza e la pazienza, quelle che non volevamo avere, quelle virtù da anziani che non sentivamo nostre, mentre noi volevamo l’amore, la passione, la felicità, la tenerezza, persino la follia ma la pazienza proprio no, quella non poteva chiedercela nessuno.
Perché non era ancora il tempo di averla, la pazienza. Avevamo mille altri sentimenti, tutti insieme, tutti in lotta tra loro, tutti lì a incasinarci la vita.
Facile averla la pazienza, adesso. Che non ci serve più nemmeno per sapere come sarebbe andata a finire.