SONO UNA “(GRAND)CHILDLESS CAT LADY”

Confesso: dopo un anno e mezzo di mancanza di felini in giro per casa sono tornata a essere gattara grazie a Plin, una micro gatta biancogrigia. Ed essendo io una non-nonna posso fregiarmi della qualifica di “(grand)childless cat lady”cioè gattara senza nipoti, categoria di questi tempi in gran spolvero.

Se J.D. Vance, il candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti nel caso vincesse Donald Trump, non avesse affibbiato il titolo di “gattara senza figli” a Kamala Harris e Taylor Swift non si fosse affrettata a darle un endorsment a nome di tutte le singles proprietarie di gatti d’America forse tutto sarebbe rimasto come prima, ma grazie a due simili testimonial noi gattare siamo uscite allo scoperto, e pure con orgoglio.

Le cat ladies sono in tendenza, sono al top e forse la prossima presidente degli Stati Uniti oltre a essere donna e non-bianca, sarà una di noi. Meglio avere due gatti inquilini della Casa Bianca che un gatto morto in testa e per di più arancione.

È finalmente tramontato il cliché novecentesco che ci voleva donne sole, trasandate e pure un po’ sfigate con l’eventuale condizione di zitella o non-madre ad aggravare la situazione.

Ora, è ovvio che è sempre stato possibile avere figli e gatti in contemporanea ma i figli prima o poi auspicabilmente lasciano il nido mentre un gatto è per la vita. Che sia la sua o la nostra dipende solo dalla salute di entrambi e da quanti anni avevamo noi nel momento in cui ci è entrato in casa.

Per esempio sono quasi convinta che la piccola Plin mi sopravviverà ma chissenefrega, nel frattempo ha preso pieno possesso della casa come di consueto fanno i gatti, ne sono super felice e ho già ricominciato con le vocine per segnalare l’arrivo della pappa e i grattini fra le orecchie prima di addormentarci, mentre con l’altra mano cerco di leggere un libro contorcendomi per riuscire a girarne le pagine.

Quando un gatto entra in casa tutto viene rivoluzionato ma guai a fare anche la benché minima variazione alla sua routine: ogni cambiamento, fosse pure del tipo di sabbietta o della marca di scatolette, potrebbe costituire motivo di disappunto felino, un’umiliazione di tale portata che nessuna gattara si augura di provare mai.

Le case diventano parchi divertimenti per gatti con colonne tiragraffi che pagano l’IMU, i maglioni di cachemire vengono immediatamente riposti nei cassetti per evitare di essere trasformati in costosissimi cuscini pieni di fili tirati, le notti sono movimentate dell’andirivieni frenetico delle bestiole che approfittano delle tenebre per sfogare la loro irrefrenabile voglia di fare cose. E se per caso non si scatenano vuol dire che stanno placidamente dormendo su gambe o altre parti anatomiche di esseri umani che l’indomani si sveglieranno con seri problemi a ogni giuntura. Il fatto che ormai si sia gattare ultra cinquanta-sessantenni non contribuisce a migliorare la situazione e credo proprio che il mio leggero problema all’anca destra sia dovuto a quattro chili di gatto dormiente per 19 anni proprio lì, ma vaglielo a spiegare all’ortopedico.

I gatti assistono alle nostre imbarazzanti manifestazioni d’affetto dall’alto della loro millenaria condizione di icone che vantano tra gli antenati Bestet, la dea egizia dal corpo di donna e dalla testa di gatto. Maometto amava i gatti, Augusto possedeva gatti, Petrarca aveva un gatto, Isaac Newton pare abbia inventato la gattaiola (per i possessori di cani: lo sportellino mobile che consente ai gatti di uscire di casa in modo autonomo senza bisogno che nessuno si sbatta a portarli 3 volte al giorno a girare intorno all’isolato).

Di Kamala abbiamo detto ma forse molti ricordano anche Socks, il gatto presidenziale dei Clinton. Anna Magnani era gattara come Taylor Swift, Claudia Schiffer e Freddy Mercury.

E che dire di tutte le streghe-gattare messe al rogo perché proprietarie di gatti neri che si pensavano connessi direttamente con il demonio?  (Tutti i gatti neri hanno un che di inquietante, tranne Goffredo, uno dei gatti della nostra famiglia che di diabolico ha molto poco nonostante sia stato utilizzato nel tempo anche come accessorio per travestimenti di Halloween).

Ma le gattare vanno per la loro strada, libere di fregarsene degli stereotipi, dei roghi (anche metaforici) e consapevoli che un gatto riempie la vita senza chiederti troppo: basta solo che tu gli vada a genio e che gli fornisca ogni sorta di comodità vita natural durante.

E anche dopo, se sei Karl Lagerfeld e lasci ogni tua fortuna alla gatta di casa.

Baci, ora vado ad aprire a Plin una scatoletta di cibo costosissimo e a sperare che tutte le cat ladies d’America votino per Kamala. Rivoglio vedere gatti al 1600 di Pennsylvania Avenue.

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