Ci sembra ieri che le notti non riuscivamo a dormirle tutte intere perché avevano le coliche, mettevano i denti, si erano presi la tosse, tornavano ubriachi dalle discoteche, dovevamo preparare la camomilla prima di ogni esame.
Sembra ieri che nello specchio dell’ascensore ci accorgevamo di essere uscite di casa con l’eyeliner sopra un solo occhio perché alle sette e mezza eravamo già in ritardo di almeno mezz’ora sulla tabella di marcia e avevamo detto almeno un milione di “sbrigati”.
Era ieri quando entravamo in casa con tre sacchetti della spesa e i cappotti ritirati dalla tintoria appesi alle braccia e li trovavamo a guardare i cartoni senza che ci degnassero di un saluto, offesi dal nostro cronico ritardo. E oltre che stanche morte ci sentivamo pure un po’ merde.
Era ieri quando faticavamo a capire il perché di quegli elastici delle mutande e di quegli ombelichi a vista e speravamo che passasse in fretta la moda, perché anche noi avevamo portato le spalline imbottite e quindi non eravamo senza peccato e non potevamo scagliare pietre.
E invece è oggi. L’oggi delle mamme che postano su FaceBook valigie in partenza, che si lasciano sfuggire una frase di nostalgia, che augurano “good luck and good night” a questi ragazzi sulla porta di casa, all’ imbarco in aeroporto o in mezzo agli scatoloni e alle valigie di un trasloco e chissà quando potremo di nuovo dar loro una buona notte come si deve, quella con il bacio della mamma. Perchè l’Erasmus non conta, lì sapevamo che sarebbero tornati.
Altri sono gli addii strazianti, altre sono le mancanze e le perdite, ma questi piccoli, imbarazzati arrivederci sono delle infinitesimali scosse al nostro cuore di mamme, segnali della fine di un tempo di incertezze e tentativi per scoprire quale fosse la strada giusta da seguire verso il loro futuro.
Adesso è il momento di prendere atto che loro, quella strada, sono capacissimi di percorrerla da soli.