Dire che il cammino di Consolata Siniscalco a un certo punto della vita ha incrociato il mio è tutto fuorché una metafora perché abbiamo deciso di fare, insieme ad altre amiche, il Cammino per Antonomasia: quello di Santiago.
Entrambe amanti delle camminate, sempre pronte a imboccare un sentiero e a far “andare le gambe” verso le montagne o dietro le scogliere, non disdegniamo una sgambata settimanale al parco del Valentino, uno di quei posti magici di cui Torino abbonda. E dove si trova anche il luogo dove Consolata lavora: l’Orto Botanico di Torino, di cui è direttrice dal 2011.
Ho sempre ammirato chi riesce a far coincidere in perfetta armonia la propria passione con il mestiere che fa, riuscendo nella non facile impresa di condividere entrambi in un modo semplice, diretto e interessante. Consolata è una di queste persone. Che si tratti di informazioni sui nomi delle piante, di notizie sulla fioritura delle peonie o sulla necessità di salvaguardare il nostro capitale naturale sempre più sottovalutato e trascurato, i suoi racconti sono sempre avvincenti e si intuisce perfino che, con un’attenzione educata, si contiene un po’ nella spiegazione, come se non volesse essere quella che “adesso ti spiego”, nonostante sia docente di Botanica applicata, autrice di numerosissime pubblicazioni e coordinatrice di importanti progetti europei di ricerca.
E dire che avremmo tanto da imparare da Consolata e dai suoi ricercatori perché come dice lei, ispirandosi a un motto dei famosissimi Kew Gardens, “Il futuro è vegetale”. Basti pensare come agli scopi di conservazione e studio per cui istituzioni come l’Orto Botanico furono create centinaia di anni fa (quello di Torino festeggerà nel 2029 i trecento anni dalla sua fondazione da parte di uno dei soliti Savoia “che facevano cose”) si sia ormai aggiunta anche una vera e propria funzione sociale nell’aiutare chi ne varca i cancelli magari solo per curiosità o per immergersi nella bellezza, a comprendere e approfondire questioni importanti e attualissime come l’uso del suolo, la conservazione della biodiversità e più in generale la cura del nostro pianeta.
L’impresa è difficile ma non impossibile perché anche se il pubblico ha ormai capito che le foreste non vanno abbattute, non riesce purtroppo ad appassionarsi al destino delle altrettanto importanti torbiere.
Tutto ciò richiede, oltre al lavoro scientifico, un’incessante opera di divulgazione che Consolata porta avanti insieme al suo gruppo attraverso corsi e attività purché abbiano un fondamento sociale, scientifico o culturale. Per intenderci, signore mie: potete iscrivervi al corso di potatura rose ma non organizzare il matrimonio di vostra figlia sotto il platano monumentale del Boschetto. Per chi invece proprio non riesce a resistere senza fare compere sappiate che le piante coltivate all’ Orto sono in vendita durante una periodica mostra mercato. (Tutte le info si trovano sul loro sito https://www.ortobotanico.unito.it/it , aggiornatissimo e molto chiaro)
E se vi capita di incontrare Consolata nel suo “regno” di fianco al Castello del Valentino, fatele domande: sarà felice di rispondervi e vi aprirà un mondo. Come ha fatto con me in un bosco della Galizia, quando mi ha spiegato che la pianta incontrata sul bordo del cammino era un esemplare di Osmunda regalis, una felce sulla terra già da millenni prima di noi e che lo sarà anche dopo, sempre che ne abbiamo cura, come assicurazione per il futuro.