Mutazioni

Siamo noi a mutare, mica il virus.

Dopo  quattro settimane di clausura coatta o “distanziamento sociale” si iniziano a vedere  i primi cambiamenti.

Quelli  fisici sono i più evidenti.  Gli uomini si fanno crescere barbe brizzolate come tanti Tom Hanks naufraghi sull’isola a cui manca soltanto Wilson disegnato su un’arancia.  Le capigliature femminili, nonostante i tutorial sul taglio della frangia e i consigli delle amiche sulle tinture fai da te, cominciano a mostrare ciocche scomposte e nelle videochat i carré non son più impeccabili.

I giro vita, giro coscia e giro braccia cedono sotto il peso di tutte le crostate, lasagne e agnolotti autoprodotti con gran dispendio di lievito e di documentazione fotografica.

Uno dei contest fotografici del momento, che invita a postare foto di noi vent’anni fa ha un grande successo, perché nessuno ha il coraggio di postare una foto di come siamo adesso. E ci lasciano perplesse e stranite le foto di gruppi in discoteche anni Settanta che qualcuno, al colmo della nostalgia o della disperazione, posta a memoria di quando ci si poteva stringere in dieci sullo stesso divanetto senza conseguenze letali.

Pare finita (o soltanto superata da quella sui tamponi o sulle mascherine) la polemica su jogging si – jogging no e gli irriducibili dello sport hanno trovato soluzioni disperate. Domenica scorsa due signori in perfetta tenuta sportiva uno in bici e l’altro di corsa hanno fatto una quarantina di giri dell’isolato in pieno centro di Torino, tra i locali dell’aperitivo tristemente chiusi. Di duecento metri in duecento metri si percorrono maratone, anche se poi viene il mal di testa: è la sindrome del criceto.

A proposito di animali… anche loro  hanno dovuto cambiare  abitudini.

I gatti hanno dovuto cedere parte dei cuscini in mezzo ai quali sono stati fotografati per anni: adesso  ci stravacchiamo noi, peli o non peli.  I cani, che nei tempi belli le signore portavano a fare i bisogni sulle soffici aiuole dei giardinetti, con la chiusura delle aree verdi presidiate dai droni  e la distanza obbligatoria sono costretti a farla dove capita capita o, se proprio va di lusso, sullo spartitraffico dell’ incrocio. Ma tanto non passano auto e rischiano poco.

Tutti i poveri meticci trovatelli in cerca di casa che vedevamo per mesi sulle pagine FaceBook “fate girare” sono improvvisamente scomparsi: si può legittimamente pensare che siano stati velocemente adottati in qualità di alibi per la passeggiata quotidiana. Purché poi non li si lasci all’autogrill una volta finita la necessità.

Qualcuno comincia a avere meno fame, chi sta tutto il giorno sul divano ha meno sonno. Chi ha già fatto il repulisti di tutte le cartacce inutili ha meno spazzatura da gettare. Abbiamo imparato a fare la spesa in modo coerente perciò passiamo meno tempo al supermercato (al netto della coda). Compriamo meno vestiti, anche su internet, perché temiamo l’upgrade della taglia. Ma, come ci dicono le statistiche, compriamo più pasta, anche le penne lisce per fare i bastian contrari.

Il tono dei messaggi spiritosi/ironici/cinici sul tema virus e affini comincia a essere meno brillante: sfido chiunque a produrre buone battute per sei settimane di fila. Roba che nemmeno tutti gli autori di Zelig e di Crozza messi insieme. Perciò dopo un rapido sguardo di cortesia si possono cestinare  senza timore di aver perso un capolavoro.

Ci sono meno inutili monopattini in mezzo alla strada. Ma quelli cominciano a mancarmi un po’.

Sto mutando.

(9.continua)

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