Giorno ventisei.
Il mese di Marzo se ne è andato che nemmeno ce ne siamo accorti. Sembrano lontani i tempi in cui per una settimana stavamo a menarcela sull’ora legale, “e guarda quanta luce in più”, “sono le sette ma sarebbero le sei”, “che bello tirare in lungo l’aperitivo fino a tardi”. Quando una delle poche cose che possiamo fare è guardare dalla finestra importa poco quante sono le ore di luce che abbiamo a disposizione e l’orologio serve giusto per ricordarci l’ora dei numeri in TV, un rito che sta cominciando a diventare alienante , un’abitudine che abbiamo preso nostro malgrado.
Non fotografiamo più i tramonti da postare su Instagram. E non è che non ci siano più i tramonti di una volta, è che a vederli sempre dallo stesso davanzale hanno perso molto del loro fascino.
È letteralmente svanito un mese della nostra vita. Se ci giriamo indietro l’ultima cosa degna di nota che ricordiamo è dove eravamo quando ci hanno detto che non dovevamo più uscire di casa.
Ricordiamo perfettamente – proprio noi che alle volte dimentichiamo il titolo di un film e non riusciamo a ricordare il nome di qualcuno incontrato per caso – cosa stavamo facendo il 10 Marzo 2020, un normale giorno di quasi primavera. Succede sempre così, per gli avvenimenti fondamentali della Storia (con la maiuscola, quella di tutti) e della vita (quella minuscola, solo nostra) : l’assassinio di Kennedy, il primo uomo sulla luna, la caduta del Muro, la morte di nostra nonna.
Fino ad oggi il vuoto di appuntamenti sulle agende cartacee che ci ostiniamo a usare era riservato al mese di Agosto: si segnava la data di partenza per le vacanze e si barravano i giorni fino al ritorno. Adesso anche Marzo è una serie di pagine deserte e chi all’ inizio dell’operazione #iorestoacasa aveva già segnato con un punto esclamativo e tre asterischi la data del 3 Aprile e circolettato il week end di Pasqua deve cancellare tutto e spostare il traguardo più avanti di chissà quanto.
Per avere qualche punto fermo cominciamo a segnare il giorno in cui scendiamo per la spesa settimanale e le telefonate da fare. Non sono tantissime, in tempi normali le ricorderemmo a memoria, ma così ci sembra di essere più indaffarate. I calendari appesi nelle cucine sono vuoti di commissioni e di ore della colf e pieni di cancellazioni senza un posticipo, dalla lezione di yoga alla visita medica prenotata mesi prima.
Chi è nato dal 10 marzo in poi si è dovuto accontentare di una festa di compleanno improvvisata su Zoom, di una torta recapitata a domicilio dalla pasticceria che resiste, di una cenetta arrivata con Glovo, di tanto affetto arrivato sui social, anche da quasi sconosciuti: tutto serve per mantenere i contatti, per sentirsi vicini. Anche un cuoricino, l’icona della torta con le candeline e l’emoticon che manda baci.
Le nate nel 1960 che stavano sognando un sessantesimo speciale sono state accontentate: nessuna celebrazione in discoteca con Barry White come colonna sonora, nessuna tavolata al ristorante, nessuna festa a sorpresa sarà mai così speciale come il compleanno in quarantena.Roba da raccontare per il resto dei nostri giorni, altro che le festone iperaffollate dei tempi pre-virus, quando ci si poteva “assembrare” senza paura!
Purtroppo è venuta a mancare la scusa per comprare l’abitino carino per la cena romantica ma ci consoliamo pensando che, quando negozi e ristoranti saranno di nuovo aperti e frequentabili, un esercito di neosessantenni vorrà recuperare il compleanno perduto e darà una mano al commercio e alla ristorazione.
Allora saranno le candeline, invece delle mascherine, a diventare introvabili.
(8.continua)