Finalmente il giorno tanto atteso è arrivato e, qualunque cosa ci riservi il futuro, il 18 Maggio 2020 lo ricorderemo per un bel po’ di tempo.
Bagnini di Cesenatico, ristoratori di Roma (quelli di Torino non ancora, si aspetta il 23), centri commerciali di Noventa di Piave, parrucchieri di Genova, i negozietti di 25 metri quadrati e la Rinascente di Piazza Duomo, le grandi griffe che accolgono i clienti su appuntamento e la coda davanti a Zara dove prima di entrare ti provano la temperatura: milioni di saracinesche si sono alzate dopo 60 e più giorni di chiusura in una parvenza di ritrovata vita normale che tanto normale non è.
In questi giorni di confinamento abbiamo fatto cose mai fatte prima: il pane e gli squat, la spesa con il trolley e la pulizia del sottolavello, gli aperitivi su Zoom e il coro dal balcone. Adesso avremmo soltanto voglia di tornare a fare le cose di sempre come sempre anche perché, diciamocelo, il mondo di prima del lockdown non era così male con buona pace di tutti quelli che dicono che adesso cambierà tutto e niente sarà più come prima.
Qualche cambiamento però c’è e lo stiamo già vedendo.
E’ iniziata la fase (un’altra!) della sanificazione dei luoghi e dell’autogestione delle regole: dipenderà solo da noi e dal rispetto delle misure di prevenzione se non si tornerà punto e a capo. Dovremo essere noi a fare in modo che quei negozi dove oggi si respirava un’aria disinfettata e emozionata non debbano richiudere ancora.
Bisognerà, ci dicono, iniziare a convivere con il virus: noi siamo pronte e dopo aver convissuto per quasi tre mesi con l’intera famiglia in pochi metri quadrati non ci pare una mission troppo impossibile. Ci metteremo d’impegno, come sempre.
Indosseremo diligentemente le mascherina – che stiamo già comprando in fantasie assortite – nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, manterremo la distanza di almeno un metro, non ci baceremo più con semplici conoscenti -finalmente senza ipocrisia! – non usciremo di casa se avremo 37,5 di febbre e no, per ancora un po’ di tempo non possiamo prenderlo, il caffè al bancone.
Ma possiamo finalmente prenotare il parrucchiere. Una signora per strada si lamentava al telefono con un’amica di aver trovato un posto libero soltanto il 9 Giugno: signora mia, come la capisco! Ma ringraziamo che abbiano potuto aprire e portiamo pazienza ancora un po’, nel frattempo possiamo acquistare altro di cui abbiamo bisogno.
Abbiamo avuto tutto il tempo di riflettere su cosa ci saremmo comprate come prima cosa in un negozio “vero” e non online e ieri mattina la maggior parte delle signore in giro per il centro aveva la shopper di una nota catena di intimo: evidentemente stiamo ricominciando dai fondamentali.
Per il momento non c’è tanta gente dentro i negozi e il revenge shopping, quella voglia di comprare tanto, di comprare tutto che rimanda ai tempi del dopoguerra non è ancora arrivata, ma non tarderà. E allora acquisteremo qualcosa di bellissimo, magari inutile e ci sentiremo tornate quelle di prima, quelle di sempre, con in più una difficile prova alle spalle.
Adesso però è ancora il caso di ricordare (e magari cantare a mezza voce, non sul balcone) una bellissima canzone di Lenny Kravitz. Il titolo? It ain’t over ‘til it’s over: non è finita finché non è finita.
Il diario della quarantena finisce qui anche se Madamando continua come fa da ormai sei anni, compiuti il 7 Maggio, in costanza di quarantena.
Le madame sono state meravigliose anche in questo frangente, e come in tanti altri momenti difficili hanno tirato fuori tutta la forza, l’ironia, l’entusiasmo, la concretezza e l’empatia di cui sono capaci.
Per ricordare questa esperienza che ci ha viste “lontane ma vicine” ho raccolto le riflessioni e la cronaca di questi giorni in un libro che uscirà a breve: Madame in quarantena. Un modo per non dimenticare.