Il mercatino della domenica

Subito dopo il burraco e il giro all’ IKEA, nella classifica overcinquanta dei passatempi più gettonati viene il mercatino di antiquariato della domenica. Può essere in versione “semplice” o da “gita”.

Nel primo caso si sceglie un mercatino della propria città oppure a pochi chilometri e ci si fa un giretto con l’amica tanto per sfangare il pomeriggio del dì di festa. A Torino si usa consultare l’inserto settimanale della “Stampa” , anche se sappiamo quasi a memoria che la prima domenica del mese c’è il mercato di Moncalieri, il secondo sabato quello del modernariato di piazza Carlo Alberto, poi il Gran Balôn la seconda domenica e quello dietro la chiesa della Gran Madre la terza.

Il mercatino da gita invece è quello famoso, di cui si è sentito tanto parlare. In questa categoria rientrano il Gran Balôn per i non torinesi, il Mercante in Fiera di Parma ma solo due volte l’anno, i mercatini tematici di Cherasco nelle Langhe,  quello dei Navigli e via brocantando nelle regioni limitrofe. Per questi ci vuole tutta la giornata, inclusa pausa pranzo in osteria o addirittura un week end da organizzare tra coppie, perché la dialettica matrimoniale del “cosa te ne fai, che ne abbiamo già uno uguale” fa parte del gioco.

Il mercatino contende alla Settimana Enigmistica il titolo di “passatempo più sano ed economico”. Infatti,  a meno che non ci innamoriamo pazzamente di un comò spacciato per antico che costa un occhio perché necessita di trasporto con mezzi adeguati, possiamo girellare tra le bancarelle toccando tutto, chiedendo prezzi, commentando “mia mamma ne ha uno uguale, domani glielo chiedo” davanti a ogni servizio di bicchieri o chemisier anni Sessanta, senza comprare assolutamente nulla o al massimo le scatole dei biscotti Lazzaroni,  che vengono via due per cinquanta euro, un ottimo affare vista la quotazione attuale delle scatole di latta, quasi tutte ormai in pessime condizioni.

Piatti inglesi spaiati a dieci euro, macinini da 15 a 30, sgabelli industriali che ci piacciono ma non sapremmo dove sistemare e nemmeno come  portarci via da lì, dato che l’auto è rimasta parcheggiata nello spiazzo fuori dalla zona pedonale. E allora si passa oltre, con la solita frase “faccio un giro e ci penso”, a cui il venditore non crede ma a cui per consumato mestiere e conoscenza di mondo risponde ” madamin, mai pensarci troppo, se le cose piacciono”. E sappiamo che ha ragione, e non solo per i suoi sgabelli.

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