“Diario futile di una signora di mezz’età” è il claim con cui vorrei che queste mie riflessioni si identificassero e che ho preso a prestito da Marcello Marchesi, giusto adattandolo un po’ alla madamitudine.
Per chi non lo ricordasse o non lo avesse mai saputo, Marcello Marchesi è stato giornalista, regista, sceneggiatore, autore televisivo e di caroselli e persino paroliere (si ricordi tra altre decine di canzoni meno note, l’immortale e onomatopeica “Taratapunziè” cantata da Loretta Goggi….). Un creativo di pura razza televisiva tra gli anni Trenta e i Sessanta del secolo breve. Sue le sceneggiature di molti film di Totò, i monologhi di Walter Chiari e alcuni dei più folgoranti e pungenti aforismi che io ricordi e di cui tutti i calembour twittaroli e i titoli di Tuttosport sono figli. Dal “Dottor Divago” all’arcifamoso “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” (sì, è sua, non di Gino e Michele), passando per slogan da carosello come “con quella bocca può dire ciò che vuole” o “il brandy che crea un’atmosfera”.
Nel 1963 fu pubblicato da Bompiani il ” Diario futile di un signore di mezza età” una raccolta di appunti e flash su usi e costumi dell’italiano medio, non poi tanto diversi dagli attuali post, a cui seguì anche un varietà televisivo che nel “signore di mezz’età” aveva il suo protagonista. Un precursore, insomma, che con ironia e vivacità ci regala piccole istantanee di vita , giocando con le parole come pochi altri hanno mai saputo fare e ci fa riflettere, fin dal titolo, come la futilità onestamente dichiarata sia meglio di una sottintesa presunzione di infallibilità.