C’ho l’ansia, lasciatemi stare

L’ansia ha UN aspetto positivo e un migliaio di altri assolutamente negativi.

L’unico aspetto positivo dell’ansia è che mi si chiude lo stomaco,  e comincio a pensare che forse se ne va qualche chilo e la pancia torna piatta, che figo proprio adesso che cominciano i weekend al mare! Come dice quel grandissimo mago dell’ansia cinematografica che è Woody Allen: “Io non ingrasso di un grammo, perchè la mia ansia funziona come l’aerobica“.

Ma ci sono almeno mille aspetti negativi. Uno è che comincio a pensare “a scatti” e quello che scrivo ha un ritmo sincopato, perciò riesco a trasmettere ansia a chiunque legga, fosse pure il Dalai Lama in persona. Infatti questo post è ad alto contenuto ansiogeno e potreste avere degli attacchi d’ansia a metà lettura.

Non si scappa dall’ansia, te la porti dietro sempre, cambiano solo i motivi per cui ti acchiappa. In un certo senso evolve insieme te, in modo che per quanto tu possa acquisire sicurezza nelle cose della vita, c’è sempre un nuovo motivo di ansia che ti aspetta lì dove sei appena arrivata, inesorabile. Hai l’ansia della versione di latino? Del compito di matematica? Dell’esame di maturità? Della laurea? Si vabbè, ma poi la scuola finisce.

E comincia l’ansia per il lavoro. Avrò fatto bene? Avrò fatto male? Ma come si fa? E adesso come faccio ? Quanta ansia c’è nel pigiare il tasto “invio” per mandare un preventivo al cliente? E quanta nell’attesa della risposta? Per non parlare dell’ansia creativa, quella sopravvalutatissima certezza che le idee migliori debbano venire sempre il più vicino possibile al momento in cui il lavoro deve essere consegnato…

Ma anche a questo si fa l’abitudine e si impara da un lato a fare del proprio meglio e dall’altro a pararsi il culo contro gli imprevisti, tanto tutto fa esperienza.

Per mia fortuna non ho  mai avuto l’ansia da matrimonio e nemmeno da maternità. La ragione è che ho sposato un ingegnere, che poi è anche il padre di mia figlia, e quindi l’ansia, in quanto stato d’animo anarchico, sfuggente a qualsiasi logica non è contemplato dalla casistica esistenziale degli ingegneri. L’ansia è legata all’imponderabile e per gli ingegneri l’imponderabile semplicemente non esiste. L’organizzazione del matrimonio è stata regolata da una rigorosa programmazione di tutte le attività che componevano il “progetto” – dall’anello di  fidanzamento alla consegna delle bomboniere – e anche parto e allattamento sono stati  tenuti sotto controllo mediante tabelle credo mutuate dai tecnici della NASA. Poco romantico ma assolutamente poco ansiogeno. Sappiatelo: gli ingegneri sono un grande antidoto contro l’ansia, al massimo i problemi sono altri.

Comunque, una volta archiviata la visione del mondo “modello Politecnico”, l’ansia mi ha ripreso millemila volte, tipo ogni mattina quando bisognava cercare di depositare la creatura  a scuola in orario e possibilmente attrezzata di tutto l’occorrente, dal grembiule pulito alla merenda, oppure al momento di andarla a riprendere per non lasciarla davanti ai cancelli, abbandonata e raminga. E se non avete presente lo sguardo di un figlio che è rimasto l’ultimo davanti alla scuola chiusa non sapete cosa significhi “ansia da senso di colpa”.

E l’ansia da saggio? Quando a metà di una inutile riunione in ufficio, realizzavo che quello era IL GIORNO DEL SAGGIO e con una scusa mi catapultavo al teatrino della scuola o alla palestra pregando tutti i santi del paradiso di arrivare in tempo per regalarle l’applauso che aveva faticato tanto per guadagnarsi. E poi l’ansia di avere sempre qualcosa di sano  in frigorifero, perché mica potevo sempre cucinare i bastonicini Findus a ‘sta creatura , che chissà cosa mangiava a scuola…

E l’ansia di partire per le vacanze stipando in auto qualunque cosa per essere sicura di non dimenticare niente. Perché bisogna partire? Voglio restare a casa con tutte le mie cose, che sono già lì. In più odio prendere il treno perché ho sempre l’ansia di sbagliare orario, binario, biglietto e perfino stazione.

E l’ansia che mi mettono quelli che mi chiedono “cos’hai?” “ti ho fatto qualcosa?” No, ma se non la piantate qualcosa ve la faccio io e magari poi mi pento perché poverini voi non ne potete  niente:  è che sono io che c’ho l’ansia.

E l’ansia per ogni singolo dettaglio di ogni singolo lavoro, per ogni minima imperfezione che credo di aver sempre visto soltanto io perché io sola sapevo che proprio in quel punto c’era un’ infinitesima possibilità di errore.

E se non bastano le gocce per dormire e rimango sveglia con gli occhi a palla? Nottate a leggere interi libri perché se non riesco a dormire leggo, se leggo non dormo o se dormo due ore poi sono uno straccio e le occhiaie non mi vanno via nemmeno con due chili di correttore. L’ansia che se vado dal parrucchiere poi sembra che sono troppo andata dal parrucchiere e non mi piaccio, ma se non ci vado e non riesco domare i capelli non mi piaccio ugualmente.

Insomma, brutti momenti. Perciò, per favore…

Lasciatemi. Stare. Che. C’ho. L’ANSIA.

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