Parecchi non so quanti anni fa avevo organizzato una vacanza in Colombia con un’ amica. Lei è una vera viaggiatrice e credo non ci sia posto al mondo dove non sia stata con amici, talvolta con fidanzati o magari da sola. Una compagna di viaggio della miglior razza: esperta, organizzata, curiosa.
Io avevo a disposizione i quindici-giorni-quindici in cui laMarghe faceva le vacanze con papi, nella seconda metà di agosto.
La destinazione l’avevamo decisa per tempo, la partenza prevista per lei era a inizio agosto, io l’avrei raggiunta a Cartagena de Indias il 17 per trascorrere le ultime due settimane tra la costa e Bogotà. Due partecipanti (noi) e il sistema quello sperimentato in altri viaggi: prenotazione del volo e del primo pernottamento. Tutto il resto, incluso il noleggio dell’auto, era da decidere sul posto, per contenere i costi.
Dal Primo Maggio in avanti una delle domande più frequenti è «cosa fai quest’estate?» e all’epoca la Colombia non era una meta così gettonata, se si escludono i trafficanti, perciò la nostra scelta aveva suscitato un bel po’ di curiosità tra amici e semplici conoscenti.
La prima reazione era un perplesso inarcare di sopracciglia, seguito da «magari vengo anch’io, dammi costi, tappe, tempi…» come se fossimo la loro agenzia di viaggi ! E già, noi ci facciamo venire l’idea, studiamo la destinazione, ci sbattiamo per trovare i voli migliori e voi “magari” decidete di venire… I peggiori erano quelli che ci dicevano «prendete voi il biglietto anche per me, poi mi fate sapere quanto vi devo». Seee, e se poi vuoi andare a Alassio con il moroso a noi i soldi chi li ridà?
Naturalmente non è il caso di spiegare che l’Internet con le sue meraviglie era mille anni luce a venire, le Lonely Planet merce rara, non esistevano le compagnie low cost e i check in con il cellulare (non esistevano nemmeno i cellulari, forse) e altre amenità del genere: ve l’ho detto che sto parlando della notte dei tempi…
Comunque io e Roberta siamo sempre state due tipe pratiche, di quelle che odiano perdere tempo, anche solo a spiegare. Perciò avevamo adottato una risposta standard, che suonava più o meno così : «Noi il 17 Agosto siamo a Cartagena de Indias. Chi c’è, c’è».
Era sottinteso che chiunque fosse veramente interessato doveva dimostrarlo facendosi il biglietto da solo e pagandolo di tasca sua. Unico appuntamento possibile: all’aeroporto di destinazione.
A Cartagena de Indias, il 17 agosto 1993 sono arrivati in 4. Gli altri innumerevoli ipotetici compagni del viaggio figo si erano dispersi nel nulla (molto probabilmente erano sotto un ombrellone a Alassio).
É stato proprio un bel viaggio, ma il punto non è questo.
Il punto è che spesso ancora oggi incontro qualcuno che non ha voglia di sbattersi per farsi venire un’idea, che non riesce mai a “trovare il tempo” per organizzare qualcosa di nuovo o diverso. Incrocio chi non pensa (perché è fatica) ma si aggrega (perché è più comodo), purché il lavoro noioso lo faccia qualcun altro: insomma quelli che «fai tu, poi fammi sapere».
Ecco, quando mi imbatto in questi personaggi ripeto fra me e me quella frase, come un mantra: «il 17 agosto io sono a Cartagena de Indias. Chi c’è, c’è».
Da allora e in tutti questi anni Cartagena (che è una bellissima città) è sempre stata il simbolo di tutte le mie mete. Ogni luogo dove volevo arrivare, ogni traguardo che volevo raggiungere per me era “Cartagena” . Un posto dove approdare insieme a chi mi è caro, lasciando che tutti gli altri decidano se hanno voglia, testa e forze per seguirmi.
Io vado avanti. Semmai ci vediamo lì.
nella foto: io (con il cappello) & Roberta a Malpensa, al ritorno dalla Colombia.
Brava Francesca, bell’articolo con sottesa una bella filosofia di vita. Mi piace e la condivido in pieno. Ah, quando deciderai la data di Cartagena-Milano, fammi sapere. Solo la data, beninteso. Io ci sarò ?
Una bella presentazione di Girovita a Cartagena non sarebbe male….??