Doverosa premessa: io non ho nipoti e non posso capire.
Corollario: non avendo nipoti ho tempo per osservare chi li ha.
Fatte le premesse, eccoci qui a parlare del fenomeno dell’estate 2024, che non è l’overtourism checchè se ne dica, ma sono i nonni. O meglio, l’uso che se ne fa.
Sappiate che questo è un post della serie “ai miei tempi”, quindi è inutile che cominciate da ora a spiegarmi “che adesso è tutto diverso” “che questi ragazzi (i nostri figli) con il carico di lavoro, e lo smart working, e il covid e le materne che non ci sono ecc.. ecc…” Io racconto come sempre quel che vedo, e, pur essendo d’accordo con chi pensa che essere nonni sia la cosa più bella del mondo, ho alcune perplessità sullo svolgimento del tema, soprattutto in vacanza, perciò tenetevi le obiezioni fino alla fine.
Facciamo un salto indietro di un paio di generazioni e arriviamo alla nostra, quella che ha avuto nonni che avevano fatto una guerra forse due (e pure i partigiani, alle volte) e le madri miracolate dal boom economico che consentiva loro di passare il tempo a farsi cotonare dai parrucchieri e giocare a canasta discutendo dell’ultimo modello di lavastoviglie. Con questo panorama famigliare la regola era: dopo la scuola i figli stanno con le madri, e quando le madri vanno a fare shopping (ai tempi si chiamavano “commissioni”) portano i pargoli a casa dei nonni (che non si muovevano mai da lì) e se li vanno a riprendere a fine pomeriggio. Sennò cosa si sono fatte regalare la 500 dal marito a fare?
In estate ci si smezzava il compito: i faticosissimi tre mesi di vacanza erano gestiti tra nonni e genitori, ma NON in contemporanea. Ho amiche che si sono sorbite interi mesi di luglio in campagna o in montagna con i nonni dove l’unico passatempo era inseguire le galline sull’aia oppure andare con il nonno a comprare il giornale all’ edicola del paese più vicino.
Poi venivano le vacanze vere, quelle con i genitori, in agosto e a volte in posti esotici tipo il villaggio vacanze di Marina di Camerota, dove si andava tutti stipati nelle auto, in carovana con famiglie di amici al completo perchè questi erano gli anni in cui si contavano anche tre, quando non quattro o più figli per ogni famiglia. Per noi era un’avventura e per i nostri genitori probabilmente un incubo, ma nonostante o forse anche grazie a questo doppio registro di vacanze noi boomer siamo ne siamo usciti abbastanza bene, senza evidenti tare psicologiche. Si lo so so che siamo la generazione riconosciuta come la più fortunata di sempre: gente con un lavoro gratificante, la pensione certa e la possibilità di toglierci tutti o quasi gli sfizi; ma mica è colpa nostra se erano gli anni 60.
Quando i boomer diventano genitori sono gli anni 80, il numero di figli si è sensibilmente ridotto ma, complice l’edonismo reaganiano e un periodo abbastanza florido economicamente, ne rimangono almeno due per famiglia, forse tre, pochissimi i quattro. Nel frattempo sono aumentate le mamme lavoratrici (e anche le divorziate), ma non sono migliorate le condizioni di accudimento extra parentale. Gli asili latitano o sono affollatissimi, le scuole pubbliche inspiegabilmente nel pomeriggio aprono i battenti solo per improbabili corsi di chitarra, cucina o yoga, per cui i pargoli arrivano a casa alle 18 dotati di grandi competenze extracurricolari ma con tutti i compiti ancora da fare. Soluzione alternativa: scuole private costosissime, ma era il tempo in cui se mandavi un curriculum trovavi a stretto giro un lavoro ben pagato e quindi chissenfrega.
Intanto i nonni automuniti si prestavano a sostenere il frenetico tourbillon di orari e qualche volta anche a un turno di baby sitting serale sempre che non avessero altri programmi perché, abituati dalla dolce vita anni 60 uscivano tutte le sere. L’economia tirava e ci potevamo permettere una baby sitter saltuaria (sostenendo il mercato del lavoro) e se la ragazza ci piaceva proporle di assisterci anche durante le vacanze, magari per il mese di luglio, quando dovevamo ancora lavorare ma i pargoli erano già abbondantemente nullafacenti da metà giugno. Particolare non trascurabile: i campi estivi allora erano merce rarissima, mentre adesso sono merce carissima.
Inciso: solidarietà a tutte le mamme lavoratrici di ogni generazione per i danni economici e psicologici creati dal calendario scolastico, grazie alle politiche miopi di governi di ogni colore e durata. Punto.
E i nonni in vacanza, direte voi? Beh, ovviamente erano in giro per il mondo ritenendo di dover essere risarciti dalla vita per aver passato quelle estati a Marina di Camerota o a Jesolo, o a Spotorno, o a Cesenatico, a trascorrere il loro unico periodo di vacanza con noi figli e senza possibilità di fuga.
Negli anni della Milano da bere (ma non dello Spritz tutte le sere) le nostre madri ci telefonavano dalla Sardegna o dal Mar Rosso per chiedere notizie dei nipoti ma preferivano non comunicarci la data del loro rientro per paura che ne approfittassimo. La moda delle crociere secondo me è nata in quegli anni lì, in modo da consentire ai nostri genitori di stare un paio di settimane in un posto da dove fosse assolutamente impossibile allontanarsi.
Il mio ricordo della spiaggia di allora era fatto di bambini, madri e padri e baby sitter, con queste ultime più accozzate ai bagnini che attente a non perdere i ragazzini tra le cabine. Nonne e nonni se presenti, passavano ogni tanto per una nuotata dopo l’ora di tennis o stavano ai tavolini del bar a giocare a bridge (nei ‘60 erano quelli della canasta, ricordate?). Le nonne spiaggiate se ne stavano perlopiù sotto l‘ombrellone a chiacchierare con le amiche o sulla battigia con le loro cuffie fiorate. Ho anche foto di oceaniche gite in montagna di genitori e figli con panini e borracce ma senza un nonno all’orizzonte.
Perciò io mi chiedo, e qui veniamo al punto, come siamo arrivati alla situazione attuale?
Quella in cui ogni singolo bambino presente su ogni metro di litorale italiano o sentiero di montagna, è dotato di uno-barra-due nonni in funzione di personal assistant, una figura molto in voga negli hotel degli sceicchi, a cui si aggiungono i genitori, a cui raramente si aggiunge qualche baby sitter, che continua comunque a stare accozzata al bagnino come stereotipo prevede.
Sarà perché i genitori di oggi non si fidano a lasciare i bambini in mano a noi boomers? Eppure loro non sono venuti su male, dato che ce ne siamo occupati con scarso aiuto dei loro nonni. E inoltre la compresenza di genitori e nonni crea conflitti di gestione non indifferenti. Rivendico la libertà dei nonni di concedere cose su cui i genitori non possono transigere, pena la perdita di autorità. Ma dividere i territori quando si sta sotto la stessa ombra è difficile se non impossibile, straniante per i bambini che faticano a definire i ruoli e in ogni caso poco favorevole alla serenità di tutti.
Perché ‘sti ragazzi lavorano troppo e per troppo poco? Va bene, magari si approfitta della seconda casa dei nonni, ma meglio dividere i periodi, no? E non mi raccontate che serve un aiuto per fare la spesa eccetera: dove è finita la parità? datevi una mano a vicenda sant’iddio. Altrimenti: panini nello zaino o focaccia in cabina. O forse il “trattamento Dubai” prevede solo ratatouille fatta con prodotti a km zero presi dal contadino freschi ogni giorno? Ci credo che poi i ragazzini schifano le mense scolastiche.
Perché noi boomers abbiamo vite sentimentali complicate e ci sentiamo confortate dalla stabilità di una famiglia visto che le nostre le abbiamo sfasciate? Naturalmente sto estremizzando, ma non lo escluderei e qui mi fermo.
Perché un bambino ha bisogno di un team di consulenti adulti per organizzare il mercatino dei braccialetti o delle pigne dipinte? Piuttosto meglio stare attenti che non si spendano il ricavato ordinando uno spritz al bar visto che li avete abituati a fare ape a ogni tramonto.
Immagino si possa ottenere un ottimo risultato con uno di quelli che una volta si chiamavano pipponi preventivi e, in caso di non rispetto delle regole, con un esemplare castigo. Warning per le giovani generazioni: ricordate che ogni castigo dato ai figli soprattutto in vacanza è un castigo per i genitori che lo devono controllare. Lo so che è meno faticoso piazzare un nonno al culo del bambinello h24, ma non siete voi la generazione che scrive sui social che essere madri è un mestiere difficile 365 giorni all’ anno?
Non so finire meglio questo lunghissimo post di analisi assolutamente personale e quindi criticabile (potete commentare qui sotto) con il ricordo di mia nonna che, verso fine luglio se ne usciva con la frase “al mare i bambini diventano nervosi”. Era il segnale inequivocabile che si era rotta gli zebedei della meraviglia di essere nonna a servizio completo: i miei capivano al volo l’antifona e di lì a qualche giorno accorrevano a prendere me, mia sorella, armi e bagagli per portarci in montagna.
E la nonna, dopo averci viziate impunemente per un mese a botte di vario giocattolame comprato ogni santo giorno all’ edicola, tornava a godersi in santa pace il suo giardino.