Oltre tartina

Tra i preziosi momenti futili della giornata – quelli che è bene ogni tanto riuscire a concedersi anche solo per una questione di salute mentale – l’aperitivo è di sicuro un’ancora di salvezza, quella che ci permette di concludere una pesante giornata di lavoro, o di casalinghitudine e mammitudine, con quattro chiacchiere davanti a un bicchiere di vino e qualcosa di buono da mangiare per evitare l’alcol a stomaco vuoto.

Non siamo donne da happy hour, invenzione dei milanesi, che più che un aperitivo è un momento di socializzazione in posizione scomoda con un piattino di “qualsiasi-cosa-fritta-o-fredda” in una mano, un bicchiere di Sbagliato o di Mojito nell’altra e musica a palla di sottofondo.

E nemmeno riusciamo ad apprezzare gli apericena – qualcosa più dell’aperitivo, qualcosa  meno di una cena – che già dal nome ibrido ci fanno venire l’orticaria e che nella bella stagione si moltiplicano in un’ infinita varietà di sottospecie, a seconda del tema culinario – dall‘aperiPollo all’aperiCozza – o dell’evento a cui fanno da corollario, tipo l’aperiTango per la serata di ballo o l’aperiModa quando si accompagna a una sfilata.

A noi piacciono le cose tranquille, dove ci si può trovare in gruppo misto con mariti, compagni o semplici amici oppure solo con le amiche-amiche, a chiacchierare in libertà per una mezzoretta e poi andarcene a casa un po’ brille e “già mangiate”, a sistemarci  sul divano alla ricerca della nostra serie TV di riferimento, tanto i figli sono all’happy hour (o all’apericena) e dopo chissà dove vanno.

Le più Gozzaniane tra le torinesi preferiscono i caffè storici con tartine e pizzette, le nostalgiche invece il bar dove si servono famosi tramezzini al mascarpone e tartufo e l’aperitivo rosso e verde, riemersi direttamente dagli anni ’80 della Torino da bere, le amanti delle novità provano ogni locale appena aperto e ne fanno dettagliate recensioni, mentre le minimaliste si trovano in via Amendola, da Franco, che insieme a grissini, salame e un doppio giro di ottimo vino offre perle di saggezza su Nebbiolo e Dolcetto.

E per i cultori della tradizione Cristina Perino* – che di idee ne ha sempre una certa quantità, e tutte buonissime – ha deciso di riproporre nel cuore urbano di via Carlo Alberto la Merenda sinoira, il pasto freddo che si consumava nei campi per ridare energia dopo i faticosi lavori del primo pomeriggio e prima di affrontare i lavori serali.

Settembre è un ottimo mese per godersi un assaggio di tomini elettrici, acciughe al verde, salame della duja e di patate, seguiti da primi fatti rigorosamente a mano e dalle immancabili pesche ripiene , i persi pien che le generazioni di donne piemontesi si tramandano dalla notte dei tempi e che sanno fare anche quelle che non conoscono Sonia Peronaci, comprano solo cibi pronti in gastronomia e sono più fedeli a Picard di quanto lo siano mai state a qualsiasi uomo.

L’occasione giusta per gustare cibi semplici, che sanno di vendemmia e di cascine, di ricette della nonna, di cibo per l’anima, oltre che per il palato. E per rendere ancora più piacevole e prezioso un piccolo momento futile, prima che venga buio.

 

*Cristina Perino – Giovedì 18 Settembre  dalle 18  alle 20 -Via Carlo Alberto 28,  Torino  

 

 

 

 

 

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3 Comments

  1. says: LM

    Elogio all’aperitivo. Quello vero è una coccola per il palato, per l’eloquio (che spazia dal gossip selvaggio ai massimi sistemi) e per lo spiritito.

  2. stavo per scappare scoraggiata dal tema, poi ho occhieggiato l’abiura per l’happy hour (che da milanese resa spuria da ascendenze monferrine condivido) e ho letto partecipe. Un grazie per i tomini elettrici, che non ricordavo e che dovrò mettere in tavola, prima o poi.

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