Continuano le cronache di ordinaria quarantena: un diario pragmatico e lievemente futile di giorni a cui cerchiamo di dare un senso.
E a proposito di senso, vorrei spiegare il mio punto di vista a chi dovesse trovare inopportuni di questi tempi i miei excursus bisettimanali nel mondo delle piccole banalità quotidiane: sono le cose di tutti i giorni che ci tengono ancorate alla nostra vita di sempre, quella che abbiamo costruito fin qui, quella che vorremmo riprenderci appena possibile e che se non sarà proprio uguale a prima vorremmo che almeno le somigliasse un po’. Siamo troppo vecchie per ricostruircene un’altra di sana pianta, e quando tutto questo finirà saremo anche più “vecchie dentro”, come se fossero passati anni e non settimane.
Le futilità ci aiutano a ricordare: quando mancava un ingrediente per la ricetta della sera – anche soltanto il prezzemolo – e scendevamo apposta a comprarlo al negozio sotto casa, in cinque minuti; quando eravamo leggermente stizzite se il parrucchiere non ci dava un appuntamento immediato al primo millimetro di ricrescita; quando ci faceva fatica portare giù il cane.
Ora che dobbiamo riempire lo spazio infinito tra i titoli del mattino e la conferenza stampa delle 18, ci scopriamo bisognose di parole e gesti normali. Come il ciuffo ribelle di Mattarella nel bel mezzo di un momento istituzionale.
Abbiamo riscoperto la lista della spesa per essere sicure di non dimenticare nulla fino alla prossima settimana e alla prossima coda davanti al supermercato, ci scambiamo soluzioni e rimedi fatti in casa per risolvere esigenze estetiche ridotte all’essenziale, cerchiamo di combattere l’ansia con quattro passi sul marciapiede mentre il cagnino annusa ogni pneumatico.
È tornato di moda il bricolage, non nella versione Paint your life tutta salopette e tavolini da scartavetrare ma in quella hard, da cacciavite e trapano. Così quadri acquistati anni fa al mercatino dell’usato trovano finalmente una parete adatta e lampade defunte con fili penzolanti riacquistano la luce. Se la quarantena continua inizieremo lavori più tosti, come cambiare la fodera ai divani usando le vecchie tende.
Riemergono dal passato anche lavori di cui si stava perdendo la memoria tipo la stiratura delle lenzuola con gli angoli. In questo modo manteniamo vive le tradizioni della nonna e la durata dell’operazione – anche a causa della nostra imperizia di casalinghe di recupero – consente di far passare il tempo senza stonarsi di serie TV. Per chi proprio non ce la fa la soluzione è la stiratura di montagne di lenzuola davanti alla maratona di Gomorra.
Le nuove tecnologie, a cui ci stiamo adattando con entusiasmo perché ci permettono di avere un surrogato di vita sociale, ci mettono davanti a un nuovo genere di piccoli problemi. E io che fino a ieri pensavo stupidamente che una fonte di luce dovesse arrivare da dietro le spalle verso la tastiera e lo schermo, adesso scopro che per essere ben visibile da chi videochiama devo avere luce frontale: sono alla ricerca di un tutorial online del tecnico luci di Barbara d’Urso o Lilli Gruber, avete suggerimenti?
Vogliamo parlare dello sfondo? Il mio sfondo-parete di colore neutro non va proprio: la tendenza è la libreria, come insegnano tutti gli inviati dei TG e gli ospiti dei talk show che si collegano da casa loro. Possibilmente piena di libri e non soltanto di gadget, pezzi di design e borsette come se ne vedono in casa di qualche influencer. Mi dovrò attivare per migliorare la scenografia.
E a proposito di piccoli gesti, come fare le commissioni in bicicletta: da qualche giorno, quando scendo a portare la spazzatura in cortile guardo con nostalgia la mia bici impolverata…dopo questo periodo giuro che non mi lamenterò più di doverle gonfiare le gomme a mano. Ogni goccia di sudore all’aria aperta e non sul tappetino davanti a un tutorial per gli addominali sarà una benedizione.
(6.continua)